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domenica 9 dicembre 2012

Le Primarie

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Avevamo ormai perso quasi ogni speranza nei confronti di un partito che ingiustamente veniva equiparato insieme a tutti gli altri al peggio che la nostra politica aveva saputo esprimere negli sciagurati anni della seconda repubblica. Eravamo tanto delusi dalle sovrastrutture ideologiche e dal conservatorismo contraddittoriamente espresso dai suoi dirigenti, tanto intolleranti da cavalcare il progressismo solo finchè esso non riguardasse il rinnovamento delle loro cariche, che ci eravamo dimenticati di trovarci di fronte ad un movimento culturale di portata nazionale e democratico, capace di rinnovare e di riavvicinare sorprendentemente la società civile alla politica.

Il confronto tra i candidati alle primarie del centro-sinistra è stato infatti un momento mediatico-politico tra i più importanti nella storia italiana degli ultimi vent'anni che ha legittimato di nuovo una forza politica di stampo partitico che aveva perso la fiducia dei suoi elettori per cause molteplici, non ultima delle quali la chiusura tecnocratica in se stessa tipica degli enti burocratici giunti alla fine del proprio ciclo vitale e scientificamente provata come inevitabile in numerosi studi sulle organizzazioni e delle scienze sociali.

Quest'importanza è data da due motivi fondamentali, legati indissolubilmente alla definizione della natura dell'evento: politico-mediatico ed il primo è causa del secondo:

In primo luogo, il dibattito televisivo e l'importanza mediatica del dibattito, ovvero la forma attraverso la quale esso si è palesato, hanno ridato vita al legame indissolubile tra la politica ed i cittadini, riportando la classe dirigente di un intero paese a stretto contatto con il suo popolo. Sembra scontato, ma in un periodo in cui l'unico contatto tra politica e società civile avveniva ormai unicamente attraverso la fusione delle due cose all'interno ad esempio di un movimento come quello delle 5 Stelle, l'avvicinamento della politica ai cittadini è servito per dare la possibilità a questi ultimi di partecipare di nuovo alla cosa pubblica senza per forza doversi impegnare in modo privato. Infatti, solo chi è demagogicamente predisposto al luogo comune darebbe per scontato il bisogno di tutti i cittadini di partecipare a tutti i costi alla cosa pubblica, scambiando la passione per certi temi con il dovere quotidiano dell'impegno sociale. Le iniziative dei cittadini fino ad oggi non hanno fatto altro che sopperire alle mancanze della politica e solo qualora essa riesca di nuovo a mettersi al servizio dei primi, questi stessi cittadini che oggi sono costretti a fare i politici potranno tornare a fare i cittadini e lasciare ai politici il compito per cui sono preposti, ovvero servire le istituzioni, in una distinzione dei ruoli che nella normalità di una comunità compiuta è certamente benefica.

In secondo luogo, grazie a questo confronto telvisivo, si è sorprendemente tornato a parlare di contenuti ed il vuoto all'interno dei contenitori televisivi si è improvvisamente riempito di proposte ed idee dando vita a quella svolta che i movimenti culturali nati nei blog avevano inconsciamente chiesto fino ad oggi. Ed è grazie all'esempio del centro-sinistra se torneremo ad avere dei dibattiti in cui i candidati anche di destra avranno la possibilità di mettersi in gioco attraverso l'espressione di idee e forse anche di ideologie, ormai orfani di quel conflitto di interessi che ha bloccato per vent'anni lo sviluppo di cui l'Italia più di altri paesi europei aveva sempre avuto bisogno.

Quindi, se il mezzo è il messaggio, nella serata del confronto dei candidati alle primarie del centro-sinistra siamo stati costretti a rivalutare il mezzo televisivo che, quando viene usato in modo appropriato è ancora un mezzo utile al confronto politico e, in ultima istanza, alla realizzazione della democrazia. In questo senso, di primaria importanza sono non solo la volontà dei politici, ma anche e soprattutto la professionalità e la libertà dei giornalisti, capaci di fare domande e di pretendere il silenzio laddove esso è dovuto. In tutto questo, è comunque naturale e scontata la spinta data dagli stessi movimenti che sono nati nel vuoto di una politica completamente distaccata dal suo compito principale, coloro i quali con la loro nascita hanno costretto al bilanciamento verso il basso quei partiti che si erano allontanati dallo scopo per il quale erano stati creati. Ed è in questo spirito di sopravvivenza che può avvenire il cambiamento, in un sistema in cui tutti gli attori sono funzionali ad uno sviluppo democratico del paese, compresi i movimenti, con il loro spirito rivoluzionario e modernista.

E' quindi triste vedere come anche questo slancio democratico venga immediatamente vanificato dalle purtroppo attuali questioni che riguardano Berlusconi e i suoi stipendiati eletti dall'ignoranza di chi ha sempre malvotato e dalla visita para-politica ed inspiegata di Bersani in Libia, corredata da domande di politica interna da parte di giornalisti asserviti.

Fosse altrimenti, non saremmo italiani e saremmo il popolo più benestante del globo.



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giovedì 5 luglio 2012

L'abito fa la monaca

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I want you, Mr Millionaire!

Nulla è accaduto di eccessivamente rilevante nelle ultime giornate dell'Europeo da provocare il solito tomo moralistico di Urlo Mundial aldilà della prevedibile vittoria sulla Germania (come minimo sul piano statistico) e della sconfitta sulla Spagna, se si esclude la vicenda Balotelli che ha come al solito tristemente evidenziato dalle semifinali in poi l'ipocrisia spinta dei nostri connazionali, i quali fino a pochi giorni prima avevano considerato questo fenomeno del calcio mondiale una mezza schiappa che non si capiva per quale motivo il Sig. Prandelli avesse portato con sè negli altrettanto poco democratici paesi dell'Est per la commovente spedizione dei nostri azzurri.

Passi che queste opinioni frettolose derivassero dalla solita isteria di chi giudica la classe di un calciatore da un singolo errore e l'intelligenza di un uomo solamente dai suoi gesti senza capirne le motivazioni, poichè comunque ci siamo abituati. Ed è anche quindi inutile stare a rimarcare la sensibilità di questo ragazzo probabilmente più intelligente della maggior parte dei calciatori (con Buffon in testa ai finti intelligenti, fascistello da prima categoria che ha avuto il coraggio di commuoversi durante la visita ad Auschwitz) come è inutile commentare la sua giustificata esultanza dopo il primo gol europeo contro l'Irlanda, quando anzichè esultare avrebbe voluto rimarcare l'altalenante capacità di giudizio dei suoi tifosi (metà dei quali fino a ieri gli auguravano la morte in tutti gli stadi con il poco intelligente coro "Se saltelli muore Balotelli"). A riprova di ciò, per chi ama il gossip, la sua intelligente risposta alla tipica zoccoletta italiana acqua e sapone, come scritto da urlomundial, alla ricerca di un benefattore già da molto tempo.

Così, mi piacerebbe parlare brevemente oggi di un video che circola da poche ore in internet nel quale si vede come Casillas chieda all'arbitro rispetto nei confronti dell'Italia, implorando il fischio finale nonostante il recupero per contenere l'umiliante risultato, in modo da non rischiare un cappotto ancora più pesante. Considerando in ogni caso che è molto facile comportarsi da signori quando si vince e sottolineando quanto sia più difficile perdere che vincere (a tal proposito devo ammettere che noi italiani siamo riusciti a perdere con gran dignità, dopotutto questo è solo uno sport e lo stipendio milionario i nostri calzoncini bianchi lo riscuoteranno lo stesso, cosa c'è da preoccuparsi?), più che l'atteggiamento del portiere spagnolo, è irritante quello dei commentatori italiani, tutti proni ad esaltare la sportività di questo grande campione, evidenziando chissà quale moralità nelle sue poche parole urlate all'arbitro di linea.




E' innanzitutto evidente dalla gestualità del portiere quanto egli sia giustamente molto più soddisfatto della vittoria che preoccupato dal risultato, esprimendo una contraddizione facilmente palpabile tra ciò che dice e ciò che pensa.

E' poi altrettanto irritante pensare che si chieda all'arbitro di fermare il gioco per evitare di prolungare la sofferenza della squadra italiana quando questo poteva essere semplicemente fatto dai giocatori della Spagna i quali si sono palesemente approfittati del loro avversario per umiliarlo deliberatamente e con facilità disarmante. Altro che quella sportività che i soliti superficiali telecronisti italiani esaltavano riempiendosi la bocca con luoghi comuni quali "bisogna giocare fino alla fine".

Qui non si tratta di presunti biscotti o di feriti da preferire ai morti, ma quando una squadra si rende conto che l'avversario è stremato e che sarebbe impossibile qualsiasi rivalsa (Pirlo a 10 minuti dalla fine non correva già più) è semplicemente corretto non infierire, non per far meno male ma perchè sarebbe troppo facile farlo: in questo caso ciò sarebbe un segno di rispetto per sè e non una benevolente concessione all'avversario. Se si vuol essere ligi al dovere, allora bisogna pretendere che si giochi anche l'ultimo secondo dei minuti di recupero, rispettando una regola tanto legittima quanto giusta. E sta all'intelligenza di chi è in campo capire come comportarsi.

Peraltro, questo è quello che forse voleva dire Buffon quando parlava di accontentarsi di un risultato.

In altre parole, semplicemente, Casillas non vedeva l'ora che la partita finisse per festeggiare, e l'italiano medio, come al solito, ha scambiato quest'atteggiamento di supremazia ipocrita in un grande gesto di sportività,

confondendo come al solito il bene dal male. 



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domenica 24 giugno 2012

Italia - Inghilterra

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Calcio e luoghi comuni




I luoghi comuni svolgono nella costruzione della conoscenza dell'uomo sulle cose una funzione molto importante. Lo fanno soprattutto nel mondo del calcio dove la conoscenza della cose, essendo sviluppata da persone mediamente poco argute, si basa su concetti non complessi, in un populismo del significato di semplice appiglio e facile comprensione. Il luogo comune parte da una momentanea verità fattuale in cui il palese rapporto di causa-effetto deriva da variabili singole e viene poi ripetuto all'inifnito, imprimendolo nella mente degli osservatori fino a renderlo vero in ogni situazione, anche nel caso in cui le variabili in gioco sono fatalmente di numero molto maggiore.

E' per questo motivo che è secondo me ingiusto quanto decisamente superficiale e quindi mediocre parlare di lotteria dei rigori ogni volta che una partita importante viene decisa con questa eccitante modalità in cui la bravura, sia essa di derivazione tecnica o psicologica, gioca un ruolo molto più importante della sorte, che sia essa buona o cattiva nei confronti di chi tira o di chi deve parare.

Se così non fosse, saremmo tristemente costretti a considerare fortunoso persino l'ultimo rigore del partigiano Grosso, il quale in periodi ormai di pre-crisi e spassosa serenità con un tiro sicuro e potente regalò la quarta coppa del mondo alla nostra nazionale. Se fosse stata solo una questione di fortuna o sfortuna, nessuno dei nostri valorosi connazionali sarebbe stato così fermamente convinto di poter segnare quei rigori, accompagnando il gesto tecnico con la sfrontata certezza della propria forza in modo da non consegnare la Coppa ai sempre antipatici francesi.

Ennesima prova di questa sacrosanta verità è stato il rigore di Pirlo e la conseguente vittoria dell'Italia sull'Inghilterra, grazie a quella che viene dunque impropriamente definita "lotteria dei rigori".

E' chiaro a tutti come il rigore di Pirlo, calciato con splendida tranquillità, lucidità e finezza abbia abilmente dato la svolta alla sessione dei tiri dal dischetto, aiutando con una specie di cucchiaio invisibile a sollevare lo spirito degli italiani e sicuramente ancor di più a far temere agli inglesi di poter essere raggiunti nonostante il vantaggio, come in realtà è poi avvenuto.

Ed è infatti grazie a quel rigore che gli inglesi hanno poi calciato due volte in modo chiaramente pauroso, con la consapevolezza di trovarsi di fronte una squadra più forte e quindi più spavalda che avrebbe avuto tutta l'intenzione di mettere al proprio posto qualsiasi timido tentativo di rivalsa, in una specie di prova di forza darwinistica feroce, ma giusta.

Ed è così che dopo il meraviglioso gesto tecnico di Pirlo un rigore è stato calciato con rabbia e forza per poter tendere i muscoli e nasconderne la tensione, col risultato di stampare sulla traversa un pallone che era partito con pochissima eleganza. E che poi un altro tiro fosse invece molle e rassegnato, fatto apposta per consegnare mestamente il pallone tra le mani del nostro portiere, in modo da dichiarare autonomamente la propria resa alla squadra più forte ed al gol finale di Diamanti, a quel punto divenuto una pura formalità.

Così come nel 2006 una formalità fu il rigore di Grosso.

E quindi, per favore, non chiamiamoli "lotteria", la fortuna non c'entra niente.

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giovedì 1 marzo 2012

Hanno la faccia come il culo

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Nella foto: da questa posizione non mi rendo assolutamente conto che la palla è dentro


Ci troviamo costretti a rispolverare questo noioso angolo di internet per dover puntualizzare una questione che ci pare la semplicità degli argomenti ascoltati in questi giorni non sia stata in grado di approfondire accuratamente. Nonostante la grevità dell'argomento che viene suggerita da quest'altrettanto greve introduzione, vorremmo limitarci a parlare della questione Buffon e degli ipocriti scandalismi provocati dalle dichiarazioni rilasciate da questo noto intellettuale dopo Milan - Juve, battezzata con la solita poca fantasia dei giornalisti come la partita dei veleni.

Brevemente la questione: Buffon ha prima dichiarato di non aver visto entrare di mezzo metro la palla nell'azione del clamoroso gol di Muntari (Muntari!) non assegnato al Milan, e poi di seguito che se avesse visto la palla oltre la linea di porta non avrebbe comunque riferito all'arbitro ciò che questi ed i suoi assistenti non erano stati in grado di vedere.

Così, con quel becero moralismo che contraddistingue tutti coloro che devono nascondere la propria disonestà, in molti si sono scagliati contro l'intenzione criminale di Buffon, contro quella volontà di non dichiarare sportivamente un qualcosa che avrebbe potuto svantaggiare la propria squadra in una partita fondamentale per la vittoria finale del campionato.

Ma vi siete invece chiesti cosa sarebbe successo se Buffon avesse unicamente dichiarato di non essersi accorto che la palla era entrata?

Ve lo dico io che cosa sarebbe successo: in quel caso nessuno gli avrebbe creduto, ovvero nessuno avrebbe creduto che il portierone nazionale non avesse visto quel clamoroso gol, essendo egli stesso dentro la porta di almeno un metro, avendo il palo di fronte ai suoi occhi all'altezza delle spalle e la linea della porta all'altezza delle proprie costole, per un portiere che per certo a quel punto dell'azione ha notato di essere con mezzo busto dentro la porta.

In pratica, ammettere un'eventuale comportamento antisportivo dopo aver dichiarato di non aver visto la palla entrare è servito a Buffon per supportare quella balla colossale della quale nessuno ha poi parlato, ovvero quella clamorosa quanto incomprensibilmente indiscussa volgarità del dire: "Sono onesto e lo ammetto, non ho visto la palla entrare"


Lo schema è semplice: una cazzata da sola non regge, va supportata da una dimostrazione di verità. Questa verità a corredo però, per essere percepita come tale deve andare contro gli interessi di chi la pronuncia in modo da legittimarne l'onestà (perchè dovrei dire una balla, se questa va anche contro i miei interessi?): quindi confesso subito in modo da predisporre positivamente l'interlocutore alla percezione della balla.

Girate la frittata: Non l'avrei detto all'arbitro se avessi visto, ma non ho visto, e il problema non si pone.

E' una tattica molto immatura e facilmente individuabile quella dell'ammettere tutto per non rivelare nulla.

Ma ci vuole lo stesso una bella faccia di bronzo per farsene carico.

Buffon ha visto eccome che la palla era entrata, è impossibile altrimenti.

Negarlo è infantile e molto più antisportivo dell'ipotesi da lui stesso ventilata di non esternarlo eventualmente al direttore di gara.

Ma si sa, stiamo sempre parlando di Buffon, e pretendere onestà intellettuale, nonostante le sue belle parole, è pretendere troppo.



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domenica 13 novembre 2011

La resa dei conti

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Nel senso che ci siamo arresi ai conti



In un paese in cui ognuno ha sempre qualcosa da ridire su qualsiasi accadimento, in cui spesso chiunque sentenzia luoghi comuni finto-anticonformisti come fossero verità assolute, non sorprende che in molti abbiano sentito il patriottico dovere di protestare nei confronti delle legittime manifestazioni di giubilo che si sono viste a Roma dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi, scambiandole erroneamente e contro ogni logica di buon senso comune con gazzarre antidemocratiche ed eversive. 

Considerando che scene di questo tipo, corredate unicamente da bandiere italiane e quindi con l'assenza di qualsiasi riferimento partitico, si vedono solo quando vince la nazionale italiana di calcio, sembra strano che nessuno si sia chiesto il perchè si siano esse manifestate così spontaneamente, in modo politicamente anonimo e con incontenibile gioia di fronte alle semplici dimissioni di un presidente del consiglio. Senza tra l'altro contare l'irritazione ingiustificata di questi paladini della democrazia che hanno incoerentemente storto la bocca di fronte a delle legittime espressioni di libertà. Ma tant'è, in Italia si formano facilmente dei luoghi comuni che di solito i più peregrini e arditi cavalcatori del pensiero semplice riescono ad inculcare velocemente nelle menti di chi non è intellettualmente indipendente dalla faziosità del tifo politico. 

E' questo il caso anche del re dei luoghi comuni di questi due giorni di passione che è stato più volte ripetuto dagli ormai ex-governanti di destra e dai loro fidi votanti: i fautori di questo nuovo golpe antidemocratico, con le forzate dimissioni del presidente del consiglio e l'incarico autoritario di Mario Monti, stanno consegnando la nostra nazione in mano alle lobby dei banchieri, decretando in questo modo la fine della sovranità popolare degli italiani e la svendita del nostro stato ai voleri della Francia e della Germania.

Non c'è bisogno di essere Noam Chomsky per capire che l'intento retorico di questa cornice di pensiero è di fare leva sulle tesi cospirazioniste più ardite per far passare il concetto che Merkel e Sarkozy (insieme ad Obama e qualche ebreo sparso) siano i direttori di orchestra dei mercati finanziari cui fare affidamento per indebolire l'Italia, costringere un premier che tiene al suo "paese di merda" più di ogni altra propria azienda alle dimissioni, persuadere il Presidente della Repubblica ad affidare le redini della nazione ad un italiano stimato nel mondo per le sue capacità scientifiche che sia accondiscendente nello svendere il proprio paese e quindi infine impadronirsi delle aziende pubbliche italiane e delle sue risorse energetiche. Il fatto poi che Mario Monti faccia da tempo parte della Bilderberg è un rafforzativo taciuto in pubblico che i più abili maestri della rete saranno in grado di sfoderare con modalità più convincenti tra forum e siti specializzati. 

Pur nell'eventualità che tutte queste nefaste considerazioni storico-politiche corrispondano alla realtà, mi chiedo se ci sia un simpatizzante di destra o un elettore di Berlusconi che abbia la lucidità necessaria ad ammettere che la causa di tutto questo marasma politico-economico sia Silvio Berlusconi stesso e i fidati scagnozzi che egli ha avuto il coraggio di far eleggere in parlamento (basterebbe nominare Mara Carfagna), forte del voto donatogli colpevolmente da chi credeva che quest'omuncolo avrebbe fatto il bene del proprio paese. L'unica giustificazione che rende comprensibile un giudizio degli eventi così approssimativo, potrebbe essere in questo caso la sola accortezza da parte di Berlusconi di non aver fatto senatore il proprio cavallo rendendo palese a tutti la propria insanità mentale, ma avendo fatto ministri gente come Gelmini o Bossi, mascherando quindi ai poco astuti elettori, attraverso delle fattezze umane, l'incompetenza di questi onorevoli, in ogni caso pari alla proverbiale capacità equina di governare.

Ed è difficile oggi come ieri, di fronte a queste premesse, tentare una specie di riconciliazione nazionale, e lo sarà fin quando in Italia non impareremo ad osservare la realtà con l'obiettività necessaria che viene richiesta per capirla, senza la prostituzione intellettuale che il tifo politico provoca inesorabilmente nelle nostre menti.

Poichè è giunta l'ora di ammettere serenamente che l'attuale situazione politica ed economica in Italia è stata causata dal malgoverno di destra e che l'amara medicina Monti è figlia della destra italiana, incapace di attuare un solo provvedimento che sia stato utile al benessere ed alla libertà degli italiani negli ultimi diciassette anni e che solo la volontà dei mercati, orchestrati o meno dalla potenza principe dell'economia europea, è riuscita a far sì che non siano divenuti venti. Una destra che è stata inoltre colpevole di aver portato in parlamento la peggior feccia che la nostra penisola ci offre e di aver dato le istituzioni italiane in pasto a figure da operetta che hanno decretato, assecondato e legittimato con leggerezza imbarazzante delle bassezze morali che nemmeno nel peggiore dei nostri incubi avevamo mai immaginato potessero materializzarsi.

Ecco, di fronte a queste nefandezze, prima che mi venga chiesto scusa da parte di chi ha creduto per anni alle balle di Silvio Berlusconi, per la situazione nella quale ci troviamo oggi, mi rifiuto di dover minimamente pensare all'unità nazionale per semplice autodifesa personale

in modo da non correre il rischio di affidare di nuovo il bene comune a chi non è capace di distinguere il bene dal male. 





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sabato 15 ottobre 2011

Indignati del mondo, pentitevi

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Il lungo curriculum di N.Minetti stampato sulla sua t-shirt

Nel giorno in cui i giovani indignados del mondo manifestano contro la finanza e protestano contro un sistema che ha fatto del debito la spada di damocle con la quale una classe dirigente vecchia e inadeguata tiene sotto scacco la maggior parte della popolazione mondiale, vorrei porre una questione molto più pedestre e vicina a noi italiani. 

Mi chiedo, semplicemente e molto umilmente, cosa pensino oggi tutti quelli che dal 1994 in poi hanno creduto alle balle di Berlusconi. Cosa pensino di fronte ad una crisi che in Italia ha connotati molto diversi  da quelli di molti altri paesi europei, checché se ne dica all’avanguardia del benessere mondiale, coloro che ai tempi rimasero sordi alle parole di quelli che ragionevolmente mettevano in guardia da uno che fino al giorno prima aveva collezionato migliaia di miliardi di lire di debiti con le sue aziende, che aveva iniziato la sua attività imprenditoriale con finanziamenti di dubbia provenienza, che aveva la tessera di una società segreta la cui attività era illegalmente votata all’eversione democratica, che già allora evidentemente rappresentava il vecchio che si riciclava sotto nuova forma. 

Mi chiedo cosa pensino dopo diciassette anni, dopo che da una parte precisa di italiani proveniva l’avvertimento sul disastro che avrebbe colpito l’Italia con l’eventualità di un governo guidato da uno che niente avrebbe fatto di buono per il nostro paese e che avrebbe invece probabilmente continuato a raccontare balle per perseguire i propri interessi particolari, come era stato da sempre evidente e come chi allora aveva un minimo di intelligenza poteva certamente intuire. Ecco, vorrei che finalmente una parte dell’Italia che ha contribuito a questo disastro istituzionale, dopo che per l’ennesima volta sono stati nominati vice segretari e cariche sparse per la compra-vendita di voti di fiducia, naturalmente a nostre spese,  chieda scusa a chi in questi ultimi vent’anni non si era fatto abbindolare da questa truffa evidente. 

E’ troppo facile oggi prendersela con la politica tutta ed urlare senza un minimo di pudore contro la destra e la sinistra indistintamente per liberarsi catarticamente del peso dato dalle proprie scelte sbagliate. La battaglia odierna e comune contro una politica clientelare e di bassa moralità oggi deriva in Italia da responsabilità ben precise che sono facilmente individuabili nella persona di Silvio Berlusconi, l’arci-italiano. E’ inutile tentare di redimersi oggi con slanci di dubbio coraggio come fece ad esempio Fini nel 2010 quando era ormai evidente che la convenienza di un’alleanza con chi gli aveva permesso di governare non era più sostenibile. E alla faccia di chi decanta una conciliazione impossibile, io dico che mi sono stancato di pagare per le scelte scellerate altrui. Mi sono stancato di mediare con chi vota soltanto seguendo i propri istinti o seguendo semplicemente l’abitudine famigliare. Sono stufo di chi ancora parla di destra e sinistra in quei termini tradizionali che rimandano ad ideologie ormai trapassate come quelle del comunismo e del fascismo e che poi nomina le due fazioni solo per uniformarle e renderle bersaglio comune del proprio qualunquismo disinformato, poiché è scientificamente sotto gli occhi di tutti che il malaffare in Italia oggi è presente in percentuali molto più alte in una parte piuttosto che in un’altra. La questione dunque, più che politica, è culturale. E oggi non credo che sia possibile protestare contro la politica della corruzione, della finanza, della casta e del disinteresse nei confronti dei  cittadini senza prima analizzare le responsabilità storiche di chi ha avallato questo tipo di comportamenti. 

Poi è vero che negli ultimi vent’anni è anche cambiato il mondo come mai era successo nella storia recente dell’umanità e nel caso italiano è oggi ancora più evidente l’inadeguatezza di una classe dirigente e di una generazione nei confronti di un mondo completamente diverso affrontato con metodi ormai divenuti necessariamente obsoleti. Fortunatamente, vent’anni sono comunque passati e la battaglia da politica è divenuta appunto culturale e quindi generazionale grazie all’invecchiamento inevitabile di chi è da decenni al potere. Ma questo non basta. Così, cari giovani, indigniamoci e protestiamo, ma non dimentichiamoci che la ruffianeria, il servilismo, la corruzione, l’immoralità, la disonestà e l’incompetenza sotto varie forme sono ancora tra noi, e sono questi i mali da combattere.

Come diceva quello, io non ho paura di Berlusconi in sé, ma del Berlusconi in me.




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venerdì 29 aprile 2011

il bisogno di eroi

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In concomitanza della festa dei lavoratori e dell'ormai tradizionale concerto di San Giovanni, la chiesa cattolica ha vilmente deciso di celebrare nello stesso giorno anche la santificazione di Giovanni Paolo II.

Tralasciando le cause mediatiche di questa santificazione tanto immediata quanto moralmente ingiustificata, anche se un'istituzione che ha l'usanza di santificare può naturalmente santificare chiunque voglia, vorremmo soffermarci su alcuni piccoli particolari che sono emersi leggendo l'interessante intervista di Zucconi a Joaquin Navarro-Valls, fidato di Wojtyla, compagno di una vita che per decenni ha fatto coppia fissa con il santo.

In questo caso è favoloso constatare il modo di nascita del mito che, nella sua formazione, deriva certamente dal pregiudizio di straordinarietà nei confronti di una persona o di un evento. E' così che delle cose normali divengono straordinarie attraverso l'enfasi di chi le osserva, soprattutto quando si tratta di personaggi televisivi particolarmente importanti come lo è stato il papa di cui sopra.

E quindi, non sorprende che in un periodo in cui si sta facendo a gara per rivelare fatti particolari o classici aneddoti da intervista, ci si impressioni di fronte a modi e costumi peculiarissimi e straordinariamente fuori dal comune del trapassato papa. Ricordiamo ad esempio il suo stoico atteggiamento nei luoghi caldi: "Lui, con straordinaria e discreta eleganza, ritardava di bere". Oppure la sua epica efficienza nelle trasferte: "Voleva sempre che si viaggiasse di notte nei voli intercontinentali, per arrivare al mattino sul posto e avere così davanti a sé tutta una giornata di lavoro."

Senza contare il ricordo(*) dell'epocale intervento epistolare nei confronti della Russia che miracolosamente fermò l'invasione della Polonia e che tanto ricorda le telefonate risolutorie sbandierate propagandisticamente dal nostro premier, anch'egli tra l'altro in odore di santità, come da lui stesso confessato.

O infine la sua geniale noncuranza nei confronti del giudizio delle telecamere: "Per lui le telecamere, il trucco, le luci non esistevano. Questi atteggiamenti da personaggetti che si fanno spiegare come e dove devono guardare, se fissare l'obbiettivo o guardare fuori, se sorridere o sembrare seri, non lo sfioravano mai. I primi tempi mi preoccupavo, sapendo quanto la telecamera possa essere crudele. Ma per lui comunicare era far apparire la verità, non costruire un'apparenza".
 
A questo punto, non ci resta che attendere il ricordo commosso di chi  un giorno racconterà il severo ma allo stesso tempo sereno ammonimento del papa al suo truccatore nell'invitarlo a non coprire troppo le sue rughe, poichè ci aveva messo una vita a farle.


(*) Come Leone Magno con Attila? Per ordinargli in nome di Dio di non toccare la Polonia?
"No, sarebbe forse stato un errore, avrebbe fatto infuriare il Cremlino e offeso l'orgoglio dei sovietici. Gli scrisse, con grande chiarezza e con la conoscenza diretta che aveva di quei regimi e della loro mentalità, solo per ricordargli che appena cinque anni prima, nel 1975, lui stesso, Breznev, aveva firmato a Helsinki un trattato solenne in cui l'Urss si impegnava a non interferire negli affari interni di ogni altra nazione europea. Dunque, se avesse invaso la Polonia avrebbe violato la sua stessa parola, la parola dell'Unione Sovietica".
E Breznev rispose?
"Sì, ma non con una lettera, né per via diplomatica. La sua vera risposta fu la rinuncia all'azione di forza. Eppure Breznev sapeva, come sapevamo tutti, che lasciare la Polonia al proprio destino sarebbe stata la fine per la stessa Unione Sovietica e che il sogno del Papa, che era un'Europa dall'Atlantico agli Urali, ma senza il dominio di una potenza, si sarebbe inesorabilmente avvicinato".

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