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venerdì 15 ottobre 2010

Wall Street: Money Never Sleeps

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Stavolta, approcciando il  cinematografo, sapevo esattamente a cosa sarei andato incontro e, di conseguenza, avevo controllato razionalmente le mie aspettative, nella consapevolezza di dover semplicemente combattere la tediosità autunnale con un film accettabile, delle poltrone comode, una visuale privilegiata ed un impianto stereo mastodontico in un cinema semivuoto, come spesso accade in questi giovedì pre-invernali, in luoghi in cui il tutto esaurito avviene solo con i film cosiddetti di azione più stupidi che le menti di registi e produttori senza scrupoli possano partorire.

In Wall Street: Money Never Sleeps, Oliver Stone ha colto la palla della crisi economica al balzo per poter rispolverare una sua vecchia 'hit' del 1987, Wall Street, costruendo su di essa un sequel che ne riprende le orme storiche in modo da poter continuare a narrare l'immortale avidità umana immergendola nel contesto odierno.

Il risultato è, ovviamente, una visione dall'interno delle vicissitudini bancarie che si celano dietro i grafici altalenanti dei valori borsistici. Nell'intento di donare allo spettatore una prospettiva privilegiata sulla crisi economica degli ultimi tre anni, il regista descrive l'agonismo dei brockers, intenti soprattutto a soddisfare il proprio ego accumulando ricchezze piuttosto che ad accumulare ricchezze solo per essere ricchi, la loro competitività e la visceralità testosteronica con la quale gli attori di questa folle economia finanziaria si fanno prendere dal panico o dall'entusiasmo a seconda del momento.

Purtroppo però, per poter descrivere questo mondo, il regista è costretto ad inserirlo all'interno di una trama che dia un senso compiuto al film. E così, noi poveri paganti siamo costretti a sorbirci la banale storia di due innamorati ruotante intorno alle relazioni personali tra le figure stereotipizzate di un giovane ambizioso e talentuoso che dal niente si è creato una carriera finanziaria ricca di successi (salvo poi redimersi attraverso una catarsi fatta di rimorsi) e la sua fidanzata che, per tipico contrappasso, vive curando un blog antagonista e per di più non-profit (che si rivelerà lo strumento della vittoriosa redenzione ai danni del cattivone di turno). 

E poi il padre, la figura principale che ritorna dal film precedente, interpretato da un eccellente Michael Douglas il quale, appena uscito di galera, tra mille contraddizioni cerca da una parte di ricucire il rapporto con sua figlia (altro clichè terribile del padre che abbandona la famiglia per la carriera, ma che in realtà è sempre stato vicino alla famiglia nonostante il punto di vista dei figli a riguardo sia diverso e via archetipizzando) e dall'altra di rientrare nel giro dei combattenti della borsa, alla ricerca di vendetta e gloria. E poi ancora l'antagonista per eccellenza, un cattivo senza scrupoli, che si scontra con l'altro protagonista buono (ovvero il fidanzato di lei) che per ovvie ragioni darwinistiche alla fine sarà sconfitto dalla complicità della famiglia riunita, finendo ovviamente indagato a sua volta e rendendo lieto per tutti il finale del film.

Tutto questo passando attraverso un vecchio ebreo che merita anch'esso di essere menzionato in quanto impersonifica nel film il potere forte per antonomasia il quale, avido di denari più di chiunque altro, semplicemente bisbigliando poche parole, passa con nonchalance dall'essere il mentore del cattivo all'essere, nel finale del film, il maggior finanziatore del buono, dando la giusta continuità alla sua intelligente avidità e ad una trama che più prevedibile non si può.


Aggravante ulteriore del film, per finire, una folle corsa tra il buono ed il cattivo in groppa a due Ducati come metafora esplicita della loro compeitività. Folle per modo di dire, visto che la scena non è per niente esaltante e si intuisce benissimo che la velocità delle due moto è tutt'altro che pazzesca. Anche se, in questo caso come in molti altri, abbiamo avuto la possibilità di intravedere in azione una nuova Ducati (a memoria, ci ricordiamo della Ducati anche in The Covenant, The Italian Job e The Matrix Reloaded).

In generale, il film non dice nulla che ancora non si sappia sulla fantomatica crisi finanziaria che ha colpito l'economia mondiale e non condisce la descrizione del mondo di Wall Street con una storia che non sia affascinante, sorprendente o poco più che banale.

In pratica, è da vedere, come ho fatto, solo se non si ha proprio nient'altro da fare.


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