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venerdì 5 novembre 2010

The Social Network

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Dopo una serie di fiaschi colossali* ai quali mi sono sottoposto con macabra costanza nelle mie ultime serate cinematografiche casalinghe, finalmente ho assistito ad un film di quelli che ti rimangono impressi nella mente per lungo tempo, grazie alle emozioni che sono capaci di suscitare attraverso la storia che raccontano ed al modo in cui essa viene realizzata nelle immagini.

Naturalmente questo tipo di reazione emotiva può essere sia dovuta solamente alla predisposizione personale di chi guarda e che quindi non sia condivisa da tutti, ma tant'è posso confermare che almeno temporaneamente il film ha avuto il merito di influenzare la mia personale visione delle cose. Niente di particolarmente rilevante, per carità, ma comunque inusuale e piuttosto raro in relazione alla semplice visione di un film (l'ultima volta che accadde fu con Avatar).

Innanzitutto bisogna specificare a chi si rivolge il film. Esso è infatti un film per maschi. E non solo è un film per maschi, ma è anche un film maschile. Esso descrive e affronta temi che sono legati in modo indissolubile al genere che di solito viene definito non gentile in contrapposizione a quello femminile, il genere maschile. Infine, non solo è un film maschile per maschi, ma è anche un film maschilista.

Esso infatti descrive come la spinta alla produzione ed alla creazione di novità derivino inesorabilmente dai sentimenti di competizione che si instaurano nel rapporto tra maschi e che sono necessari alla realizzazione e conquista della propria identità, all'interno di una società in cui l'appartenenza a determinati gruppi di potere determina anche il proprio successo sessuale.

La competizione e l'arrivismo sono dunque i temi principali della storia che con la scusa dell'invenzione di un innovativo social network vengono affrontati nel film (che anche questa volta, a differenza di ciò che viene fatto solitamente in altri luoghi non svelerò per non rovinarvi lo spettacolo), in modo magistrale da chi l'ha scritto, concepito e realizzato.

E' in questa guerra tra maschi che si sviluppa la storia della creazione di Facebook, in una guerra in cui nella forma del gioco si sperimentano tutte le varianti sentimentali dello spirito maschile/maschilista: la volontà/necessità di unirsi in un gruppo (chiamiamolo pure branco) per raggiungere uno scopo comune ovviamente a discapito di un altro gruppo e quindi la competizione e la lotta,  la necessità naturale di incanalare le proprie energie in un'attività che riesca ad influenzare la società in modo da poter esprimere la propria potenza sulla natura e quindi soddisfare il proprio bisogno creativo, anzi di creazione, il piacere della vittoria e la speranza di successo, passando per l'invidia, l'amicizia fraterna e il tradimento, in un'esplosione ormonale di proporzioni testosteroniche.

Da questo punto di vista le donne divengono un ornamento gadgettistico il cui scopo primario rimane quello di essere da una parte la valvola di sfogo di questa potenza e dall'altra il premio in palio per il vincitore di questa battaglia per la vita.

Il fascino realistico di questa storia spiegato attraverso l'intrigante attualità di Facebook, non avrebbe però il suo effetto se la storia stessa non fosse stata realizzata in modo così esteticamente riuscito. E' così che i sentimenti espressi nella trama trovano sempre conferma nelle immagini, in un'unione inscindibile tra ciò che viene mostrato e l'emozione che viene evocata da esso.

Così ci troviamo ad osservare una storia che si sviluppa quasi interamente in ambienti chiusi per istituzionalizzare con le immagini il viaggio introspettivo che si intende far intraprendere all'osservatore. Di conseguenza, nei rari momenti in cui il creatore di Facebook (mister Zuckerberg) si ritrova in ambienti naturali aperti egli li affronta correndo in modo isterico così da mostrare un 'ego' ancora insicuro ed in potenza. Queste corse forsennate non sono però solo una fuga dalla realtà, ma il bisogno primordiale del protagonista di poter ritornare velocemente in qualche sua stanza in modo da poter andare alla ricerca del proprio sè e della propria identità, sentendosi libero di poter dare sfogo al proprio 'id' attraverso la programmazione di migliaia di righe di codice binario.

D'altra parte, gli unici momenti in cui egli si apre all'esterno sono confusionari, veloci, intensi ed hanno luogo sempre in presenza del suo 'alter ego', tale Sean Parker, consigliere privilegiato di Zuckerberg e creatore di Napster, il quale provoca in questi momenti istintivi quelle crisi necessarie allo sviluppo dell'innovativa creatura virtuale.

Ai meri fini di cronaca, non è inutile notare il senso di inadeguatezza personale che suscita la visione di un film in cui si narra di ambienti dinamici e intellettualmente superiori come quelli del campus di Harvard o di menti brillanti come quella di Zuckerberg, o dei gruppi di lavoro creativi degli studenti californiani. 

Ancora più interessante è invece rilevare come, dopo il '68, questa digitale è la vera e propria rivoluzione giovanile definitiva che ha cambiato e continuerà a cambiare il mondo nei prossimi decenni. I nostri padri, al confronto di questi ventenni, sollazzano semplice imbarazzo, se si pensa ai cambiamenti epocali che un semplice sito come Facebook sta provocando nella società.

E ricordatevi che Facebook è solo la punta dell'iceberg: sotto di esso ci sono migliaia di programmatori, di startups e di giovani che nella ricerca del successo e della propria identità, così come Zuckerberg,

stanno cambiando il mondo per sempre.




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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Il Mereghetti ha detto che è un film sul capitalismo. F.

Anonimo ha detto...

(potrebbe contenere spoiler)non credo sia un film maschilista, o per maschi. facebook non è stato creato da un maschio in quanto tale, ma da un maschio in quanto nerd, immaturo, sociopatico, giovane e fortemente dotato.
e le donne non fanno la parte del gadget, guardacaso è una donna che ha l'ultima parola e consiglia Zuckerberg.
il successo di fb e la sua espansione a macchia d'olio è la dimostrazione che la sociopatia e l'insicurezza attaccano tanto il sesso maschile quanto quello femminile.
infine il cambiamento apportato dai social network è evidente e troppo grande perché io possa comprenderlo.mi piacerebbe sentire l'analisi di uno che ne sa :)

lucia

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