
E' ora troppo facile fare i classici processi post-mondiale ad un allenatore che fino a qualche oretta fa era stato riverito come un santone, soprattutto grazie ai macumba che avevano riportato in Italia dopo quasi venticinque anni una coppa del mondo inaspettata. Eppure gli indizi di un'imminente disfatta erano molteplici e anche recenti visto che c'era stato tutto il tempo di ravvedersi in modo intellettualmente onesto persino subito dopo le disastrose prime due partite del mondiale sudafricano, quando già ci avevano preannunciato nel provocarli un mondiale pieno di dolori.
Senza contare la nefasta uscita alla Confederetions Cup e, perchè no, lo stesso mondiale 2006. Anche se è ormai inutile ricordare a chi si inginocchia davanti all'ingegnosità del mister d'Italia che il rigore fischiato a Grosso veramente non c'era, che l'Ucraina era una Slovacchia qualsiasi e che, a parte la bellissima partita contro la Germania, l'Italia alzò la coppa dopo aver vinto ai rigori una partita che aveva passato miracolosamente indenne sotto i colpi di uno Zidane sicuro, atletico e praticamente inarrivabile.
E' per questo che penso sia quasi superfluo, ma lo stesso doveroso, soffermarsi sulle questioni tecnico-tattiche, pur essendo esse numerosissime relativamente agli errori commessi dal comandante supremo e nonostante ciò ovvie persino nelle piazze più sperdute della penisola, dove anche l'uomo del bar aveva già intuito da tempo a cosa esse si riferissero.
A partire dalle convocazioni, dettate, come da molti sostenuto, dalla cocciutaggine del grande leader. Egli si era affidato agli amici degli amici nell'intima convinzione che perseguendo il valore del gruppo si sarebbero raggiunti i traguardi che solo quattro anni fa miracolosamente fecero impazzire l'Italia. Purtroppo, come più volte abbiamo ribadito, il gruppo in sè non è garanzia di vittoria e sperare che la voglia di vincere fosse sufficiente alla vittoria è immaturo e anche un pochino idiota. Il gruppo senza la squadra è praticamente inutile e comunque non sempre necessario. Al contrario, una squadra può essere tale pur non essendo gruppo e la prima è certamente più importante del secondo, sicuramente necessaria e talvolta persino sufficiente. L'errore più grande commesso da Lippi il genio è stato proprio quello tipico di chi non è in grado di riuscire a risolvere il problema perchè intento ad analizzare il problema sbagliato. Partire con un ragionamento sbagliato porta inevitabilmente a conclusioni errate: in questo caso il ragionamento riguarda il gruppo e la conclusione è, purtroppo per tutti, la sconfitta (però stavolta senza sorpresa).
In ogni caso, il nostro sapiente condottiero, avrebbe sbagliato anche le componenti principali del suo ragionamento, visto che l'ha sviluppato attraverso delle pedine logiche inadatte. In questo caso mi riferisco ai giocatori, pur giustificando la scelta sia dei nomi che delle posizioni in campo ad essi associate al ragionamento di cui sopra. Ovvero, scelgo Iaquinta invece di Cassano o Gilardino invece di Borriello o Camoranesi invece di Thiago Motta, Criscito invece di Balzaretti, Pepe invece di Cossu, Gattuso invece di Ambrosini, uno a caso tra tutti invece di Balotelli, perchè gli uni fanno gruppo e gli altri no. Anche se, lo ammetto, non riesco a credere come qualsiasi uomo sano di mente avesse mai potuto immaginare che la forza del gruppo avesse poi trasformato Iaquinta in Pelè, o Montolivo in Falcao.
Ma se si dice banalmente che errare è umano e perseverare è diabolico, stupisce la poco lucida analisi del dopo partita data da Lippi il grande, basata ancora una volta sulla poco convincente tesi della pseudo-forza iniettata dal gruppo alla squadra e che lui non è riuscito a stimolare decentemente nel cuore di questi brocchi. Se non fosse solo l'insensatezza della tesi, colpisce ancor di più la disonestà intellettuale del soggetto, il quale nel prendersi facilmente la colpa (quali sarebbero le conseguenze di quest'eroica assunzione di responsabilità?), allo stesso tempo la individua nell'approccio psicologico dei giocatori alla partita (in fondo in fondo responsabilità non sua).
Insomma, Lippi la leggenda, ha continuato a scommettere con arroganza sullo stesso numero sperando che la ruota si fermasse di nuovo sullo stesso punto in cui si era fermata quattro anni fa. Ha perso. E il suo comportamento è sembrato più quello di un drogato del gioco che quello di un selezionatore serio.
Una storia finita male, che chiunque sapeva sarebbe finita male e che purtroppo riguarda emotivamente tutti.
Ciao generale, non ci mancherai.
Senza contare la nefasta uscita alla Confederetions Cup e, perchè no, lo stesso mondiale 2006. Anche se è ormai inutile ricordare a chi si inginocchia davanti all'ingegnosità del mister d'Italia che il rigore fischiato a Grosso veramente non c'era, che l'Ucraina era una Slovacchia qualsiasi e che, a parte la bellissima partita contro la Germania, l'Italia alzò la coppa dopo aver vinto ai rigori una partita che aveva passato miracolosamente indenne sotto i colpi di uno Zidane sicuro, atletico e praticamente inarrivabile.
E' per questo che penso sia quasi superfluo, ma lo stesso doveroso, soffermarsi sulle questioni tecnico-tattiche, pur essendo esse numerosissime relativamente agli errori commessi dal comandante supremo e nonostante ciò ovvie persino nelle piazze più sperdute della penisola, dove anche l'uomo del bar aveva già intuito da tempo a cosa esse si riferissero.
A partire dalle convocazioni, dettate, come da molti sostenuto, dalla cocciutaggine del grande leader. Egli si era affidato agli amici degli amici nell'intima convinzione che perseguendo il valore del gruppo si sarebbero raggiunti i traguardi che solo quattro anni fa miracolosamente fecero impazzire l'Italia. Purtroppo, come più volte abbiamo ribadito, il gruppo in sè non è garanzia di vittoria e sperare che la voglia di vincere fosse sufficiente alla vittoria è immaturo e anche un pochino idiota. Il gruppo senza la squadra è praticamente inutile e comunque non sempre necessario. Al contrario, una squadra può essere tale pur non essendo gruppo e la prima è certamente più importante del secondo, sicuramente necessaria e talvolta persino sufficiente. L'errore più grande commesso da Lippi il genio è stato proprio quello tipico di chi non è in grado di riuscire a risolvere il problema perchè intento ad analizzare il problema sbagliato. Partire con un ragionamento sbagliato porta inevitabilmente a conclusioni errate: in questo caso il ragionamento riguarda il gruppo e la conclusione è, purtroppo per tutti, la sconfitta (però stavolta senza sorpresa).
In ogni caso, il nostro sapiente condottiero, avrebbe sbagliato anche le componenti principali del suo ragionamento, visto che l'ha sviluppato attraverso delle pedine logiche inadatte. In questo caso mi riferisco ai giocatori, pur giustificando la scelta sia dei nomi che delle posizioni in campo ad essi associate al ragionamento di cui sopra. Ovvero, scelgo Iaquinta invece di Cassano o Gilardino invece di Borriello o Camoranesi invece di Thiago Motta, Criscito invece di Balzaretti, Pepe invece di Cossu, Gattuso invece di Ambrosini, uno a caso tra tutti invece di Balotelli, perchè gli uni fanno gruppo e gli altri no. Anche se, lo ammetto, non riesco a credere come qualsiasi uomo sano di mente avesse mai potuto immaginare che la forza del gruppo avesse poi trasformato Iaquinta in Pelè, o Montolivo in Falcao.
Ma se si dice banalmente che errare è umano e perseverare è diabolico, stupisce la poco lucida analisi del dopo partita data da Lippi il grande, basata ancora una volta sulla poco convincente tesi della pseudo-forza iniettata dal gruppo alla squadra e che lui non è riuscito a stimolare decentemente nel cuore di questi brocchi. Se non fosse solo l'insensatezza della tesi, colpisce ancor di più la disonestà intellettuale del soggetto, il quale nel prendersi facilmente la colpa (quali sarebbero le conseguenze di quest'eroica assunzione di responsabilità?), allo stesso tempo la individua nell'approccio psicologico dei giocatori alla partita (in fondo in fondo responsabilità non sua).
Insomma, Lippi la leggenda, ha continuato a scommettere con arroganza sullo stesso numero sperando che la ruota si fermasse di nuovo sullo stesso punto in cui si era fermata quattro anni fa. Ha perso. E il suo comportamento è sembrato più quello di un drogato del gioco che quello di un selezionatore serio.
Una storia finita male, che chiunque sapeva sarebbe finita male e che purtroppo riguarda emotivamente tutti.
Ciao generale, non ci mancherai.


Nessun commento:
Posta un commento