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domenica 9 gennaio 2011

riassunto del secolo scorso

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 All'alba del 2011, dopo le sfavillanti feste natalizie è tempo di bilanci, stavolta ispirati da uno dei tanti luoghi comuni pronunciati da nostri simili che di solito abbiamo la sfortuna di ascoltare inermi: si dice non esistono più i valori.

Invece valori ci sono, nonostante la confusione nei quali si sono determinati in questo terzo millennio, solamente sono fluidi e dinamici come la società tutta e dunque, in continua trasformazione. E' questo il risultato dell'attuale situazione culturale occidentale in cui il relativismo è una necessità fisica, nonostante le critiche aperte nei confronti di questo modo di pensare da parte di pensatori come Joseph Ratzinger. Egli d'altronde, per necessità istituzionali di autoaffermazione e conservazione è il primo a credere nell'assolutismo, ovvero nella verità assoluta di ciò in cui lui crede.

In effetti, è anche vero che mancano oggi i punti di riferimento ai quali eravamo abitutati in quanto le verità assolute alle quali facevamo riferimento per affrontare la realtà non esistono anzi, è la realtà ad essere cambiata e a richiederci nuovi valori. Di qui la confusione generalizzata e la crisi di pensiero che caratterizzano l'occidente. Naturalmente, per noi inguaribili futuristi è questo un fatto positivo al contrario di ciò che pensano i nostalgici conservatori come quello di cui sopra. Soprattutto alla luce del miglioramento innegabile ed inarrestabile che la società del mondo occidentale sta vivendo, aldilà delle crisi anche economiche e finanziarie che però, per parte loro, spingono anch'esse verso il meglio (ad esempio verso la decrescita controllata e lo sviluppo delle energie rinnovabili).

Le cause di questi cambiamenti reali vanno ricercate soprattutto nella globalizzazione, fenomeno non nuovo, ma che grazie al progresso tecnologico è molto più intenso di quanto non fosse nella prima metà del secolo scorso. In particolare, l'aumento della velocità degli spostamenti delle merci e delle persone e l'immediatezza dello scambio di informazione hanno dato vita ad un assestamento morale di tipo epocale.

Ci siamo dunque d'improvviso ritrovati nell'epoca post-moderna in cui la ragione, così come veniva vista nella precedente epoca moderna, non è più la soluzione a tutti i problemi dell'uomo, ed il positivismo inteso come capacità di razionalizzare la realtà non è più il punto di vista principale al quale affidarsi per sperare in un mondo migliore.

In altre parole, la precarietà fisica della quale siamo involontiaramente partecipi in termini economici e sociali, dovuta alla rispettiva crescita di paesi emergenti, corrisponde ad una precarietà filosofica che provoca crisi identitarie a livello non solo individuale, ma anche nazionale.

E' anche per questo che nel goffo tentativo di riaffermare con forza l'appartenenza ad una comunità, in Europa è iniziato a tirare da più di un decennio o giù di lì il vento dell'estremismo, attraverso il quale partiti politici di destra conservatrice cercano un senso sociale nella differenziazione di sè dal diverso. E' questo il classico processo di ricerca della propria identità spinto dal bisogno di appartenenza ad un gruppo che si avvale del confronto con gli altri da sè in una dinamica spesso conflittuale, intollerrante e radicale

Dunque i valori ci sono, ma sono cambiati e sono in continua trasformazione poichè si devono adattare ad un mondo che cambia velocemente. Forse la razza umana si sta emanicipando sempre di più e quindi si sta liberando dalle catene culturali che ne impedivano uno sviluppo più ampio.

I nuovi valori, tra gli altri, sono l'empatia, la condivisione, il rispetto del diverso, la tolleranza, la collaborazione.

Certo ci sono delle controindicazioni (penso ad esempio alla fluidità delle relazioni alla quale non siamo ancora pronti), ma alzi la mano chi vuole tornare indietro nel tempo.

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bel post, di quelli che opprezzo senza riserve e che qualificano il blog.
Noto con stupore uno slancio "futuristico" e positivo molto pronuncito che permane in tutto lo sviluppo del pensiero da te esposto.
Ad una prima analisi mi sento di accostare al 100% il mio pensiero al tuo, ma dopo una veloce e semplice rilettura gradirei fare alcuni distiunguo.

Non capisco bene perchè giustifichi la inefficacia del pensiero logico, quale interprete delle dinamiche future, con la globalizzazione intesa come cambiamento degli equilibri geo economici/politici.
A mio parere a maggior ragione oggi e domani lo strumento della logica e della organizzazione applicato alla vita quotidiana sarà sempre più focale e, inevitabilmente, disumanizzante.
Tale mia affermazione si giustifica per una pluralità di motivi o sensazione che cerco di illustrare.

- media e informazioni: l'influenza martellente di dati, notizie , info che giugeranno costantemente alle nostre menti renderà sempre più cogente la necessità di individure, quindi attraverso la ragione/logica, quei filtri che ci permettano di scegliere cosà è per noi rilevante a senconda di ciò che sono/cerco.
Lo strumento della logica ci permette di selezionare tra la confusione e il frastuono di internet per darci la possibilità di elaborare le info che, fisicamente, siamo in grado di elaborare. (non possiamo elaborare l'infinito)
- rapporti umani: la fluidità dei rapporti umani (dovuta alla virtualità degli stessi, alla impossibilità fisica , ad intrattenimento sempre più individuale e alla scarsità delle risorse)potrebbe portare ad un sostanziale rivoluzione dei rapporti. Si veda la famiglia, gli amici, i rapporti con gli anziani e, non per ultima, la sanità. Lo scegliere porta la creazione di forme culturali di comportameti accettati che si dirigono sempre più verso una logica di individualismo razionale.
- valore di diritti: escludendo l'italia da tutto ciò, l'emergere di nuove interlocutori modiali con il loro enorme peso, di popolazione ed economico, crea nell'occidente quello smarrimento che hai ben illustrato. La parola emancipazione, che interpreto in accezione positiva, non è per me
la sintesi corretta. Dal mio punto di vista il pericolo più subdolo sarà il rischio di un inbarbarimento dal punto di vista dei diritti. La veloce trasformazione imporrà all'occidente scelte sempre meno garantistiche e sempre più rivolte alla rincorsa di modelli individuali. Quello che è ora scontato come tenuta sociale, in europa, non è detto che lo sarà tra un pò. Questo avvarrà anche per le scarse riserve di cibo ed acqua, non a caso la cina compra terreni in vaste regioni dell'africa per future coltivazioni intensive.

Le mie fosche analisi pongono al centro il rischio che lo strumento della logica razionale sarà l'unico mezzo per interpretare le future scelte; il suo eccesso non può altro che essere un tendere verso a scelte di protezionismo individuale o di comunità, perchè la capacità di ascoltare e di mediare la pluralità di stimoli non sarà proporzionata alle risorse.
In fondo GOOGLE non è un algoritmo!
Borio

Urlo ha detto...

Caro il Borio, il tuo interessante e complesso commento richiede una risposta dettagliata.

La tua giustificazione al bisogno di razionalità dato dal mondo odierno e da quello futuro sembra logica ma a mio parere parte da un presupposto sbagliato.

Ovvero il significato che dai al termine ragione (posto comunque che organizzazione non ne è un sinonimo ma un metodo indipendente che può essere applicato anche in modo a-razionale o anche ir-razionale -ad esempio l'organizzazione del cosmo è razionale, a-razionale o ir-razionale?).

La presupposta sconfitta del pensiero razionale risiede nel significato positivista che viene dato alla capacità di ragione dell'uomo nell'epoca moderna. Essa è la capacità alla quale anche tu ti riferisci quando parli di organizzazione e selezione delle inforamzioni. Abbiamo fino ad oggi pensato che l'uomo fosse in grado di scegliere razionalmente la migliore opzione possibile di fronte al grande flusso di informazioni al quale viene sottoposto per poter raggiungere in modo efficacie ed efficiente lo scopo che si era prefisso. Così, la ragione veniva intesa in termini di successo o fallimento rispetto a degli obiettivi precedentemente prefissati. Il fallimento dei paradigmi scientifici che si riferiscono a questo modus vivendi razionale sono però oggi lì a dimostrare la fallacità di questo approccio di fronte ad una realtà completamente diversa.

Ne sono un esempio più lampante le teorie economiche classiche (il credo che il mercato si auto-regoli) e la scienza economica in sè (che si è scoperto essere una non-scienza in quanto non in grado di prevedere ciò che sarebbe accaduto).

Non voglio con questo dire che vivremo in un mondo in cui non vi sarà ragione in quanto questo è il nome che diamo al nostro modo di categorizzare le informazioni alle quali abbiamo accesso attraverso le nostre capacità sensoriali.

Voglio solo sottolineare che la la ragione intesa come capacità di raggiungere obiettivi prefissati in modo efficiente ed efficace non è più tale e che per essere in grado di sopravvivere in questo nuovo mondo in modo migliore non sarà solo l'analisi tra rischi, costi e benefici a tracciare la via che dovrà essere percorsa.

Nel futuro penso che anzichè essere individualisti razionali (ciò che eravamo fino a ieri) saremo dei collettivisti empatici (questa sembra essere la strada che emerge anche nel world value survey) e che anzichè affidarci solo alla ragione dovremo affidarci anche ad altri valori e scoprire nuovi metodi per poter progredire in questo mondo tecnologico.

Tu sei pessimista nel pensare che la tecnologia ci renderà dei robot mentre io sono ottimista nel credere che essa riuscirà invece a renderci più umani (in effetti le statistiche sui valori mondiali mostrano proprio questo).

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